Il 25 ottobre, 83 Città dell’Olio in tutta Italia partecipano alla quarta edizione della Camminata tra gli olivi, promossa dall’Associazione nazionale Città dell’Olio. Tra queste città partecipa anche la nostra Chiusi con il cultivar dell’Olivo Minuta di Chiusi, una varietà di oliva autoctona, presente da centinaia di anni in questa zona, tipica del nostro territorio soprattutto delle colline intorno al bacino del Lago. La Comunità Slow Food per la valorizzazione dell’Olivo Minuta di Chiusi, che cerca di valorizzare e salvaguardare questo particolare clone di olivo, è stata presentata il 4 maggio 2019, al Chiostro di San Francesco. Proprio durante il convegno si sono susseguite varie relazioni e i punti salienti sono stati che la Minuta di Chiusi può essere definita un “vegetale fossile vivente” che richiama, per le caratteristiche della foglia e del frutto, all’olivo selvatico e potrebbe avere una storia molto antica. L’oliva ha bassa suscettibilità alla mosca e alla rogna, e una grande resistenza al freddo. Dagli archivi storici sembra, infatti, che abbia resistito alle gelate del ’26, del ’56 e del 1985. L’olivo minuta è una pianta che non ha un’alternanza produttiva ed il frutto, molto piccolo e sferico, ha una notevole resistenza al distacco tanto che la polpa si distacca facilmente dal nocciolo e non è raro ritrovare noccioli, senza polpa, attaccati alla pianta.
Dalle ricerche con la tecnica che utilizza marcatori molecolari SSr (Simple Sequence Repeats) è stato confermato che questa varietà, definita localmente anche Pepini di S. Caterina, è autoctona ed è diversa da altre varietà di Minuta, due della Calabria e una della Sicilia; ma è anche diversa dalle altre varietà di olive toscane.
Per celebrare questa nostra oliva il Comune città di Chiusi con la Proloco Chiusi, il Gruppo Archeologico ed altre associazioni, ha organizzato una camminata che si terrà appunto il 25 ottobre prossimo con ritrovo presso piazza Duomo alle ore 9.20 e partenza alle 9.30 con le guide ambientali Barbara Ramini e Cristina Golini (per informazioni e prenotazioni contattare la Proloco Chiusi allo 05778227667 o info@prolocochiusi.it) al rientro la Comunità dell’Olivo minuta di Chiusi proporrà un assaggio dell’olio presso il ristorante Il Grillo è Buoncantore.
Ma quando fu introdotta in Etruria e a che scopo la coltivazione dell’ulivo (Olea sativa)?
Non è facile ricostruire il paesaggio agrario dell’Etruria antica: le trasformazioni subite nel corso del tempo, l’impoverimento e l’abbandono delle campagne, iniziato già in età romana, impediscono di cogliere la situazione che doveva essere fiorente. La sicura diffusione della coltivazione dell’ulivo e del consumo dell’olio in Italia si colloca solo nel periodo Orientalizzante (VII secolo a.C.), quando si intensificano i rapporti con i mercanti fenici e con i coloni greci d’Occidente, attratti dalle risorse minerarie dell’Etruria e d’Oltralpe. Dopo una prima fase in cui i contenitori di olio deposti nelle tombe principesche del Lazio e dell’Etruria risultano essere in massima parte di importazione, soprattutto provenienti dalla Grecia, nel periodo orientalizzante (nel corso del terzo quarto del VII sec. a.C.) inizia una produzione in loco di contenitori per olio, destinata nel tempo ad intensificarsi: alabastra e aryballoi per i profumi e gli unguenti, anfore per le grandi quantità.
Anche a Chiusi, abbiamo un esempio di questo commercio. Nella principesca Tomba della Pania, infatti, entrambe le sepolture erano accompagnate da balsamari deposti in stretta connessione con i corpi dei due defunti, nello scomparto destro della Tomba.
Sappiamo poi che Arrunte chiusino, a detta di Dionigi di Alicarnasso, convinse i Celti a invadere le campagne della sua città offrendo loro, fra i vari prodotti “molti otri di vino e di olio”. La notizia è riferita per altro ad epoca relativamente tarda: fine V – inizi IV secolo a.C..
Sebbene fosse un prodotto molto ambito, essendo l’olio poco raffinato e dato che non si adottavano trattamenti particolari atti a conservarlo, l’olio diveniva rancido molto rapidamente; l’unica soluzione era dunque salarlo. Per questo motivo si consigliava anche di conservare il più a lungo possibile le olive, in maniera da poter fare, sul momento, olio fresco da offrire nelle oliere ai convitati in ogni periodo dell’anno. Si rendeva quindi necessario cogliere le olive quando erano ancora verdi sull’albero, venivano raccolte a terra dopo aver scosso i rami con lunghe pertiche, preferibilmente canne flessibili per danneggiare meno la pianta e i frutti, e riporle sott’olio.
La valenza funeraria della pianta e del suo prodotto, e il suo radicamento anche ideologico nella società etrusca degli inizi del V sec. a.C.. viene sottolineata nella Tomba della Scimmia. In questa tomba i riferimenti all’olio e all’olivo non si esauriscono solo con le scene atletiche, dove si vede l’aryballos, contenente l’olio con cui ungere il corpo per sfuggire più facilmente alla stretta dell’avversario, legato al braccio dell’atleta, ma possiamo ammirare l’animale che le dà il nome incatenato a un olivo, a lato della porta.
Anche in epoca imperiale le olive si servivano in tutte le cene, anche in quelle più importanti. Marziale ci insegna che esse costituivano sia l’inizio che la fine del pasto, ovvero venivano sia servite come antipasti, sia offerte quando, finito di mangiare, ci si intratteneva a bere. Le olive solitamente erano conservate in salamoia, ben coperte dal liquido, fino al momento di usarle, poi si scolavano e si snocciolavano tritandole con vari aromi e miele. Le olive bianche venivano anche marinate in aceto e, condite in questo modo, erano pronte all’uso. Inoltre, con le olive più pregiate e più grosse, si facevano conserve che duravano tutto l’anno.
Gli autori antichi descrivono minuziosamente le macchine impiegate dai Greci e dai Romani per la torchiatura delle olive; le scoperte archeologiche hanno poi permesso di controllare e di completare le loro testimonianze. Il “frantoio” romano, puntualmente descritto da Columella (I sec. d.C.) era di un tipo assai simile a quelli usati anche in età moderna, infine l’olio veniva messo a decantare in vasche che precedevano il lacus, ovvero un recipiente tipo ziro od una grande conca, o una vasca ulteriore, destinato alla raccolta finale del prodotto.
Per altre informazioni sull’evento di domenica:
http://www.prolocochiusi.it/evento/camminata-tra-gli-olivi-2020/
per informazioni sulle altre città dell’olio e sugli eventi del 25 ottobre:
https://www.camminatatragliolivi.it/
Per informazioni su il cultivar: