Porta Lavinia, già Porta “ala Vigna”.

19_big

 di: Roberto Sanchini

 

 

Questa porta e quella di S. Pietro (distrutta dagli eventi bellici del giugno 1944) hanno costituito a partire dall’età medievale le opposte estremità del percorso viario identificato col cardo maior della città romana.

Le liste della Decima papale degli anni 1302-1303 – 2° termine dell’anno secondo suggeriscono il legame fra la sua intitolazione e il popolus [Sancti Stephani] de Vinea, che faceva riferimento al vicino Monastero di S. Stefano retto dalle Monache Agostiniane, le cui proprietà ancora alla fine del XVIII secolo si estendevano fuori della porta fino alla località Giovancorso quasi senza soluzioni di continuità.

I caratteri architettonici della porta, ad arco tondo in pietra, e del sistema di mura intervallato da torri quadrangolari in cui si apriva depongono a favore di una sua datazione anteriore al XIV secolo. Le torri a pianta quadrangolare, non aperte dal lato della città, come invece si userà a partire dal primo scorcio del Trecento, erano quelle che costeggiavano l’attuale Via dei Longobardi. Una di esse vi si ergeva fino al suo crollo agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso.

Il miglior grado di finitura del lato della porta rivolto verso l’interno della città si spiega con l’essere il suo l’unico paramento esterno della fortificazione sopravvissuto alla demolizione, avvenuta nell’ultimo scorcio del XVIII secolo, del torrione che la muniva e delle cateratte che si aprivano dal lato della strada delle Fontanelle, divenute “troppo strette” per le accresciute esigenze di transito.

Il torrione era stato costruito nel 1537 e anticamente vi era custodita l’immagine della Madonna di Porta alla Vigna; addetti alle relative elemosine erano Santesi della cui elezione resta testimonianza nelle Memorie della Comunità dal 1566 almeno fino al 1660.

I materiali ricavati dalla demolizione delle strutture furono destinati al restauro del Palazzo Pretorio, di lì a poco, nel 1790, divenuti vero e proprio rifacimento.

È infine nell’Ottocento che appena fuori della porta furono costruiti - ed oggi li vediamo in rovina - l'edificio dei Macelli, in aderenza alle antiche mura, e, nel terrazzamento sottostante, quello dei Lavatoi pubblici, le cui vasche erano alimentate dalle acque reflue, lì appositamente convogliate, della fontana della piazza del Comune, inaugurata nel 1892 come terminale del nuovo acquedotto.

Leggi anche:

Viabilità e antichi poderi nella valle del Rielle
Vai all'approfondimento