Portonaccio (Necropoli longobarda – Scavi Galli 1913-1914)

di: Roberto Sanchini

La località, ai piedi dell’Arcisa, è nota per il ritrovamento di un gruppo di dieci sepolture longobarde, descritte come “fosse terragne rettangolari, orientate, senza tracce di cassa lignea a protezione dei cadaveri” da Edoardo Galli che le scavò fra il giugno 1913 e il novembre 1914. Complessivamente gli inumati erano undici, dieci adulti ed un bambino; le sepolture riconoscibili come maschili erano cinque, di cui una bisoma (due guerrieri nella stessa fossa), quelle femminili due, di genere indistinguibile le ulteriori due oltre a quella del bambino. Tutte le tombe maschili hanno restituito spade e cuspidi di lancia qualificando la condizione militare dei defunti, longobardi forse inizialmente al soldo della guarnigione bizantina; l’equipaggiamento funebre completato da un morso equino e da guarnizioni di briglie lascia intendere che uno di loro fosse un cavaliere. Sappiamo poi che erano stati deposti in posizione supina almeno cinque corpi, quelli delle tombe 1, 3, 5 e 6, quattro uomini e una donna. Gli ornamenti preziosi erano per lo più di argento: le guarnizioni di cintura della tomba 2; le fibule delle tombe 3 e 4; le guarnizioni per briglie della tomba 5. La ricca tomba 3 (femminile) restituì anche crocette auree e ciondoli dorati. La datazione del gruppo di sepolture non dovrebbe estendersi oltre la fine del VI secolo.

Gli scavi erano iniziati col rinvenimento fortuito delle prime tombe durante lavori di sistemazione di una strada campestre nella proprietà di Agostino Baldetti, che prima ancora era appartenuta ai Casuccini. È proprio nell’elenco dei poderi Casuccini degli anni quaranta dell’Ottocento che il fabbricato rurale di Portonaccio compare per la prima volta, mentre di esso non c’è traccia nei catasti di fine ‘700 e del 1826.

Il toponimo si lega alla presenza dell’antica porta presso l’Arcisa demolita nel 1786, da identificarsi forse con la porta di S. Fedele nominata in un atto notarile dell’anno 705, ma sicuramente risalente ad epoca precedente, romana o, a maggior ragione, etrusca.

Un bando dell’anno 1600 ricorda che nella “contrada il Portone” si trovava il luogo chiamato “Poggio del Ebrei”, deputato “per tempo immemorabile” a “sepelire ebrei”, oltre che a ospitare forche.

La notizia getta una luce particolare sull’origine del nome e la sua trasformazione: “il Portone” divenuto “Portonaccio” non solo per la vetustà, la fatiscenza delle strutture della porta urbana, ma anche perché essa dava accesso al luogo delle esecuzioni capitali, a cui del resto doveva essere funzionale pure la soprastante chiesetta dell’Arcisa, intitolata non per caso alla Madonna della Pietà.

Per approfondire:

Galli, Edoardo, Nuovi materiali barbarici dell’Italia centrale, in “Memorie della Pontificia Accademia di Archeologia” 6 (1942), pp. 3-27

Pazienza, Annamaria (2009) Longobardi di Tuscia, fonti archeologiche, ricerca erudita e la costruzione di un paesaggio altomedievale (secoli VII-XX). [Tesi di dottorato]

http://paduaresearch.cab.unipd.it/1567/1/TESI.pdf

Paolucci, Giulio, Archeologia gota e longobarda a Chiusi, tra antiche e nuove scoperte, in Falluomini, Carla (a cura di), Goti e Longobardi a Chiusi, Edizioni Luì 2009, pp. 11-28

http://www.bancavaldichiana.i/editoria/libri

Salvini, Monica (a cura di), Goti e Longobardi a Chiusi. I materiali del Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Chiusi, catalogo della mostra omonima, aperta la pubblico il 12 giugno 2010.

Magno, Andrea (2010) L’insediamento longobardo a Chiusi e nella Valdichiana. [Tesi di Dottorato], Università degli Studi di Ferrara.

http://eprints.unife.it/257/1/Magno.pdf